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La crociata dei papi

contro le bocce


ROMA - Il gioco delle bocce ha origini remote, se è vero che in Turchia sono state trovate delle sfere di pietra, risalenti al VII-VIII millennio avanti Cristo. Egiziani, Greci e Latini praticarono questo gioco, che, nel Medioevo, si diffuse fra tutti gli strati della popolazione. Restringendo il discorso alla Roma del XVII-XVIII secolo, è doverosa un'osservazione preliminare: lo Stato Pontificio non era all'avanguardia nel favorire lo svago e la ricreazione delle classi meno abbienti, e quindi il popolino si ingegnava con soluzioni estemporanee, che provocavano gravi inconvenienti nelle strade e nelle piazze.

Il cinque settembre 1656 i Conservatori di Roma emanarono un editto (ASR, Bandi b. 21) che, per tutelare l'integrità delle statue del palazzo e della piazza del Campidoglio, vietava tra l'altro di giocarvi alle bocce. Meno di un secolo dopo gli "sfaccendati giocatori di bocce e piastrelle", come li definisce monsignor Casoni, Presidente delle Strade, nell'editto del 20 agosto 1751 (ASR, Bandi b. 88), si sono trasferiti in piazza Rondanini, nei pressi del Tribunale delle Strade, con "grave incomodo e pregiudizio degli abitanti ... e ancora di quelli che passano ... li quali corrono il pericolo ... di ricevere percosse di bocciate". Quindi monsignor Casoni vieta di giocare con le bocce e con le piastrelle nella suddetta piazza e nella strada adiacente sotto pena di venti scudi di multa, la confisca delle bocce e piastrelle, il pagamento dei danni causati alle persone ed eventuali altre pene anche corporali. A poco a poco la passione per le bocce si diffuse in tutta Roma, senza localizzarsi in piazze particolari.

Quando apparve sulla scena monsignor Paolo Passionei da Fossombrone, Presidente delle Strade dal 1759 al 1766, ai bocciofili romani cominciò a mancare la terra sotto i piedi. Il suo rigore proibizionista gli fece emanare diversi editti contro il gioco, presentato a tinte fosche: campi di bocce improvvisati nelle pubbliche strade e piazze, anche le più frequentate, rumore insopportabile, urla e parole oscene contrarie al buon costume, fanciulli e invalidi bersagliati dalle bocciate. L'editto del 18 agosto 1761 (ASR, Bandi b. 98) inasprisce anche le pene: la multa passa a venticinque scudi e sono previsti tre tratti di corda per i recidivi, "ancorché non causassero danno ad alcuno".

Però il 29 aprile 1762 l'inflessibile Passionei, constatata l'inosservanza del suo editto, ne emanò un altro (ASR, Bandi b. 99), in cui vengono minacciati tre tratti di corda fin dalla prima infrazione. Ma la passione prese il sopravvento e, sfidando il rigore delle pene anche corporali, i patiti delle bocce seguitarono a giocare. Arriviamo così al terzo editto di monsignor Passionei, del 20 luglio 1763 (ASR, Bandi b. 100), in cui all'elenco delle vittime delle bocciate si aggiungono le "persone vecchie" e, oltre alle pene previste, si minaccia "l'istantanea carcerazione".

Non abbiamo ulteriori documenti sulla furia persecutrice di monsignor Passionei: forse gli fu suggerito di non insistere e, magari, di leggere il grazioso scritto di Erasmo da Rotterdam "Ludus globorum missilium", contenuto nei "Lusus pueriles" dei "Colloquia familiaria", in cui l'esito di una partita a bocce tra un francese e un tedesco decide della superiorità dell'uno o dell'altro popolo. Ma Erasmo, si sa, parteggiava per i pazzi.

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